Nata dalle tribù metropolitane di Detroit e diffusasi dal Nord America all’Europa, dai ghiacci islandesi fino all’Estremo Oriente e alle isole dell’Oceano Indiano, tra le masserie del Sud Italia e i paesaggi posturbani di tutto il mondo, la TECHNO è musica a strati, che stimola le profondità del pensiero toccando le sue periferiche più superficiali, operando sull’afflato del soul e sulla spinta cerebrale e macchinica. Il suo sound incarna lo spirito della fine del Ventesimo secolo, il trionfo del dionisiaco e l’incarnazione della musica del corpo. Come ha detto Derrick May che l’ha inventata: “Un errore totale, come George Clinton e i Kraftwerk chiusi in un’ascensore”.
CLAUDIA ATTIMONELLI i suoi interessi di ricerca si muovono tra cinema, musica, fotografia, studi sull’audiovisivo, la corporeità, la moda e
la fashion theory. Ricercatrice e insegnante all’Università di Bari, collabora con La Repubblica e ha scritto libri tradotti in più lingue fra i quali ricordiamo: “Pornocultura. Viaggio in fondo alla carne” (Mimesis); “Un oscuro riflettere. Black Mirror e l’aurora digitale” (Mimesis); “L’estetica del malessere. Il nero, il punk, il teschio nei paesaggi mediatici” (DeriveApprodi); “L’elettronica è donna. Media, corpi, pratiche
transfemministe e queer” (Castelvecchi). “Techno. Ritmi Afrofuturisti”, giunto alla seconda edizione èà pubblicato da Meltemi.
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